Formazione new-wave elettronica dalle spiccate attitudini punk, militante da anni nell’underground italico; i Cineteca Meccanica, immergono le proprie origini negli anni 80 e 90, riproponendo sonorità retrò e mai banali, dai ritmi ruvidi, sintetici e martellanti tipici di quegli anni. A pochi mesi dall’uscita del loro secondo album li abbiamo incontrati.
“Cinetica”, un album che delinea la vostra identità artistica. Un insieme di ricordi, sensazioni e vita scivolata tra le mani, immagini sbiadite dal profumo di alcool, capannoni industriali, quartieri-rifugio per cani sciolti. Un vecchio film neorealista fatto musica che “affondava le radici nella società con i suoi problemi reali e le sue sfaccettature”. In sintesi, un flemmatico declino della comunità odierna?
In Cinetica, ancora più del primo album, abbiamo sottolineato le cose che riteniamo non accettabili in questa società moderna, soprattutto criticando molte manie e abitudini in modo ironico; nel nostro modo di narrare c’è sempre una vena seria e malinconica e una più leggera. Attraverso i testi e la musica cerchiamo ogni volta di rendere l’individuo un essere unico e irripetibile, libero nelle proprie scelte e responsabile di queste in prima persona.
E’ il vostro secondo lavoro in studio. Quali differenze possiamo riscontrare tra “Cinetica” e il precedente “Deviazioni”?
Cinetica ha influenze decisamente più rock e elettro/punk, mentre in Deviazioni i ritmi new wave erano predominanti. Per rendere i brani di questo ultimo lavoro più aggressivi li abbiamo rimixati, sostituendo la chitarra digitale con una chitarra elettrica vera e la differenza si fa sentire. Le sonorità, rielaborate in questo modo, virano su un versante rock ‘n’ roll e a volte quasi rock ‘a’ billy.
Descriveteci l’artwork e l’idea di copertina, che trovo davvero interessante. Evoca al primo impatto un racconto di Bradbury, malinconico, decadente e amaro.
La foto di copertina è stata scattata in Ucraina e presa dalla rete. Abbiamo scelto l’Ucraina proprio per gli ultimi tragici avvenimenti. La parte grafica è stata sviluppata da Monica Calanni e Gino Durso (morgue), le altre foto sono di Emanuela Zini, che cogliamo ancora l’occasione di ringraziare.
Volevamo mettere in contrapposizione il divertimento e la leggerezza dei pensieri con la parte malinconica e straziante della guerra; la distruzione e la violenza che emergono spesso nello scorrere del tempo. Tutto l’album verte proprio su questo tipo di approfondimento. La visione della ruota panoramica rappresenta la cinetica di un divertimento effimero che lascia tuttavia uno sguardo sul panorama a 360 gradi. Ad ognuno la libera scelta, una volta sceso dalla ruota, di prendere la direzione che meglio crede.
Testi scanditi meccanicamente e pulsioni ossessive. Come nascono le vostre canzoni?
Da un’intuizione, un suono, un giro di basso, si parte spesso dalla base musicale e poi si inserisce la voce. Il brano deve sempre risultare ritmico e ossessivo quando viene inserita la voce, se non funziona lasciamo perdere.
A volte nascono direttamente dai testi cercando le melodie che Alessandro scrive e che meglio rappresentano le atmosfere di un particolare brano. C’è sempre comunque un forte legame tra musica e testi.
Il rock convulsivo presente in “Sporco nichilista” e “Estate a mano armata” coinvolge e resta impresso al primo ascolto. “La moda del Burlesque” dai toni scanzonati e anni ‘50 fa sorridere con la sua critica sarcastica a una moda retrò che sta rivivendo un lento regresso. La sperimentazione sonora a tratti ambient di “Bianca primavera (Flux)” chiude l’album generando un velo di tristezza e disillusione. Un percorso ben definito composto da lacrime e sorrisi agrodolci?
Si, esatto, la scaletta è stata concepita proprio seguendo una logica precisa, come dici giustamente si chiude con la disillusione dell’ultimo pezzo, mentre nei primi brani è presente quella parte ironica che descrivevamo nelle risposte precedenti.
“Non ho più poesia” è il brano che più mi affascina, ci raccontate come è nato?
Il brano è dominato da un giro di tastiera semplice e duro che attraversa il pezzo come una lama.
Il testo è scarno ma efficace, accompagna e affonda nella melodia, ponendo l’attenzione su domande ossessive che spesso la gente si pone osservando individui ai margini. Si pensa spesso che la felicità e il lieto vivere dipendano solo dalle cose materiali e dall’aspetto fisico, ignorando che spesso anche chi all’apparenza ha tutto può essere vittima di disagi ben più profondi. Negli occhi di una bambina che vede il mondo in modo puro e dal quale ne deriva il senso e la forza del voler vivere, riusciamo a trovare delle risposte.
Qual è il pezzo che vi rende maggiormente orgogliosi?
Nessuno in particolare, ogni pezzo costituisce motivo di orgoglio, nessuno è fatto come riempitivo e su ognuno c’è un pensiero che vogliamo sottolineare. Anche se pensiamo che “Estate a mano armata” sia riuscito nel migliore dei modi, come si dice “E’ una botta!”.
Il vostro sound viene classificato come new wave, pop/rock elettronico dalle chiare contaminazioni punk. Dovendo fare esempi di musicisti e stili a voi affini, possiamo dire che in voi scorrono la rabbia punk e i manifesti ideologici dei CCCP, il rock sintetico dei Krisma e le sonorità nervose e affilate dei Gaznevada. Concordate?
Tutti i gruppi sopracitati hanno influenzato il nostro sound, i CCCP con le loro tematiche, i Gaznevada per la parte post punk e un certo rock underground nervoso e dai Krisma la parte più electro POP e stranieri della vecchia ondata wave. Per noi grande fonte di ispirazione è l’underground italiano anni 80, a nostro avviso il più prolifico, e alcuni cantautori. Pensiamo però che su molte cose siamo riusciti ad aver un approccio personale, non crediamo di essere cloni di gruppi già esistenti.
Musica e cinema sono un connubio indissolubile e un marchio che vi identifica, quanto è importante per voi la settima arte? Luci e ombre caratterizzano i vostri spettacoli e la scelta di un videoproiettore quasi da “indossare” ne evidenzia ulteriormente questo legame inscindibile.
Il nostro legame con la settima arte è costante e di grande ispirazione. In questo album è presente il cinema di Kusturica e tratti di vecchi film muti, finendo con sfumature poliziesco/noir anni ’70. I nostri brani li immaginiamo sempre accompagnati da fotogrammi specifici, da qui la scelta di accompagnare le canzoni con stralci di film poco conosciuti. Ci piacciono i montaggi veloci e in bianco e nero per i nostri live.
Un film che può rappresentare e descrivere al meglio i Cineteca Meccanica?
Sicuramente “Metropolis” di Fritz Lang con le sue ossessioni meccaniche, “Tempi moderni” e “Il grande dittatore” di Chaplin per l’ironia sul potere del sistema. Ma ce ne sono tanti altri da Kubrick a Sergio Leone.
Dopo Cinetica quali progetti vi attendono? Nuove collaborazioni all’orizzonte oppure un’estenuante promozione di questa nuova fatica discografica?
Pensiamo ad una promozione non estenuante ma moderata. Ci piace razionalizzare i live partecipando solo a quelli più interessanti. Abbiamo in programma anche un video, e stiamo cercando distribuzioni più vaste. Qualcosa in mente per il futuro c’è già e ovviamente sarà diverso dal lavoro fatto finora.
In seguito si spera diventi una promozione estenuante fisicamente e non mentalmente, questo significherebbe che le condizioni per la musica dal vivo siano migliori rispetto a quelle che viviamo ultimamente.
Lara Bertoglio