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11/03/2017 : Camerata Mediolanense+Kristian Giorgini – La recensione della serata a cura di Fulvio Galvani


Nell’usuale cornice del Circolo Arci Colombofili, l’abituale rito mensile della serata Endenocte. Abituale ma mai uguale a se stessa. L’intento di Marco Pipitone, l’ideatore di Endenocte è quello di proporre musica d’essai, per usare una sua espressione, rivolta ai nerovestiti di lungo corso, adepti di una controcultura che è ben al di là dall’essere una moda passeggera. Che prendendo le mosse dalla rivoluzione del (post) punk ha saputo unire un’incredibile, e probabilmente irripetibile creatività in ambito musicale, a solide basi letterarie, filosofiche e spirituali. Ecco perché nel 2017 possiamo ancora assistere a spettacoli unici nel loro genere. Ma andiamo con ordine. L’apertura è affidata al breve set del parmigiano Kristian Giorgini. Inizia con uno dei suoi brani più amati, «Sonnambulo». Prosegue nell’apparente indifferenza dei presenti accorsi per vedere gli headliner, ma è negli ultimi tre pezzi, due dei quali, «Amore in letargo» e «Rex» presenti nel Demo stampato per l’occasione (succulento anticipo del disco in lavorazione) che emerge la forza del suo songwriting. E qualche applauso in più riesce a strapparlo all’impaziente audience.

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Poi una breve pausa. Il popolo di Endenocte, unito da una comune passione per un tipo di musica che non è facile condividere nella quotidianità, prende posizione sotto il palco, ci si scambiano pareri, ci si ristora al celere servizio bar. Inoltre, quasi sempre è presente un eccellente banchetto dei dischi, molti oggetti da collezione e di non facile reperibilità che trasforma Endenocte in una piccola fiera del disco, che manca a Parma da ormai troppi anni. E questo la dice lunga sulla difficoltà di conservare, promuovere e rinnovare un certo tipo di cultura in una città, più di altre, troppo dedita a cavalcare mode effimere e il culto dell’apparire. Tra l’altro dietro il banchetto sedeva il prolifico ed apprezzato (a livello internazionale) musicista ambient Stefano Musso aka Alio Die, da anni attivo con la sua etichetta Hic Sunt Leones. Così come spesso ad assistere ai concerti si trovano musicisti che hanno lasciato il segno nella storia del genere dark, mescolati ai comuni mortali. Inizia il concerto e anche Carmen D’Onofrio della Camerata Mediolanense non è sul palco. Mentre scorre un flebile tappeto di note se ne scopre la ragione. Confusa in mezzo al pubblico inizia a cantare con potente voce di soprano ed è solo il primo brivido di un concerto che resterà per molti indimenticabile.

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I primi tre pezzi faranno parte del loro prossimo disco e rappresentano l’anima della Camerata Mediolanense più spirituale. Quella che si ispira ad un indefinito passato che vai dai madrigali cinquecenteschi alle note gracchianti delle musiche novecentesche su 78 giri. Ad ogni buon conto le musiche scritte dal deus ex machina Elena Previdi sono geniali. Il forte impatto teatrale delle altre tre cantanti (le altre due sono Desiree Corapi e Chiara Rolando -fonte Wikipedia), una versione da marcia funebre delle tre grazie del Botticelli, la voce baritonale di Trevor, e l’abilità dei percussionisti fanno il resto.

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Perché all’anima dolce, spirituale, colta che vedemmo sempre a Parma, in occasione della rassegna Il Rumore del Lutto, edizione 2015, si alterna da sempre un’anima dominata dalle percussioni, da una furia ritmica potente, quasi industrial-noise/tribale. Questo rende lo spettacolo vario e oltremodo avvincente. Su tutte, brividi a profusione all’esecuzione di «O mia stella» e nella finale «Embryo Ventosa». Una nota finale sulle musiche del djset che accompagnano l’ascolto, prima e durante le pause dei concerti, mai un semplice riempitivo, ma espressione di una profonda conoscenza della materia e anche di una continua ricerca da parte dei dj’s resident. E una nota di colore. Per fortuna oltre al sacrosanto ballo in trance, sull’onda delle emozioni che la storia della musica dark suscita nei suoi adepti, che genera un’onda di energia che unisce partecipanti anche occasionali, le serate sulla pista finiscono spesso nel più puro divertimento. Ed anche quest’ultimo ingrediente, da non sottovalutare, contribuisce al processo alchemico che ci rende entusiasti di un’esperienza che vorremmo perpetrare all’infinito.

Fulvio Galvani 

 

Foto a cura di Elisa Magnoni