È possibile uscire vivi dagli anni 80? Difficile rispondere ma di certo se c’è di mezzo quel periodo, lo spettacolo è assicurato. Sabato 9 aprile 2016, presso «App Colombofili», si è conclusa la stagione concertistica di «Endenocte», format musicale che si svolge a Parma ed interamente dedicato alla musica dark/wave, nata proprio negli anni in questione (www.endenocte.com) (www.darkitalia.com).
Di scena, due band storiche inglesi, Danse Society e The Chameleons, pronte ad arricchire il carnet musicale di una serata oramai consolidata (all’interno del format, infatti, hanno suonato in passato altre band storiche del genere come Sad Lovers and Giants e Modern English).
Occhi puntati inizialmente sulla formazione di Paul Gilmartin (Danse Society), la quale mancava alle nostre latitudini da oltre trent’anni. Ritrovarla sul palco emoziona; sono i pezzi legati alle prime produzioni a farla da padrone («Come Inside, Wake Up, Towers, Somewhere»), peraltro riletti con particolare cura nel recupero delle sonorità dell’epoca («Clock, The Seduction, The Hurt»). Riascoltare «Heaven is waiting» conquista definitivamente il pubblico, propenso a concedere loro i meritati applausi.
Un’ora di concerto in grado di consegnare ai posteri la consapevolezza che in questi ambiti la storia è imprescindibile.
Il tempo del cambio di palco è scandito da una selezione musicale rigorosamente filologica. Ma è il buio improvviso ad accendere gli entusiasmi. Mark Burgess e soci guadagnano il palco sulle note di «Don’t Fall», ovvero una dichiarazione d’intenti capace di anticipare un concerto che si annuncia essere l’apice dell’intera stagione di Endenocte.
«Monkeyland, Locking Inwardly, Tears» stabiliscono sin dalle battute iniziali quanto Mark , sia ben disposto a lasciare il segno attraverso le canzoni che ne hanno suggellato il mito. Il gruppo storicamente conferisce alle proprie perfomance un indiscutibile pathos emotivo; ciò avviene mediante intrecci sonori, costruiti su sontuose armonie e chitarre vellutate, i cui riverberi riconducono all’interno di un vortice cangiante, intriso di sonorità che non lasciano scampo. «Less Than Human, Perfume Garden, Swamp Thing, In Shreads», sono brani magistralmente eseguiti e che dimostrano quanto il tempo, non solo non possa scalfire l’insondabile bellezza di queste composizioni, ma addirittura riesca a renderle ad ogni ascolto sempre più preziose («Nostalgia»).
In sala regna sovrana un’atmosfera irreale, il tempo pare essere sospeso, tanto che il pubblico, incredulo e visibilmente emozionato, contempla le note scaturite dal palco, lasciandosi andare a standing ovation continue. L’apoteosi avviene però sulle note di «Second Skin», canzone manifesto della band. Ovvero un pezzo in grado di illuminare a giorno un’intera carriera, altresì coronare magicamente l’incanto di una serata vissuta all’insegna della meraviglia.
Negli occhi dei presenti il ricordo di un’epoca vissuta ascoltando un genere musicale – la new wave – che ancora oggi non smette di attrarre giovani e meno giovani. A conferma di ciò, il grande afflusso di generazioni differenti giunte da ogni parte d’Italia.
Gli applausi scroscianti, di fatto, sanciscono la fine del concerto ma non della serata. La pista, dopo essersi colorata di mille luci, lascia spazio al ballo e al relativo dj set, a queste latitudini un marchio distintivo.